Descrizione
Un racconto fatto di piccoli e grandi dettagli che, con la sua semplicità nel descrivere un sapone ricavato dalle castagne, la gioia nel ricevere un paio di banane o un mazzo di carte, permette a noi lettori di scoprire particolari ancora inediti di una delle pagine più drammatiche nella storia dell’umanità.
Tutto era stato sistemato. Tutto era stato deciso. Non c’era altra scelta. Ci rendevamo conto che ci stavamo imbarcando in un’avventura pericolosa. Al confine con la Svizzera non c’erano solo i soldati della Zollgrenzschutz, ma anche i militi fascisti che avrebbero potuto denunciarci. E poi non era nemmeno scontato che gli svizzeri ci avrebbero accolto nel loro Paese. In altre occasioni, di fronte a profughi ebrei come noi, non si erano fatti problemi a respingere le persone. A rimandarle indietro, chissà dove. E allora, cosa sarebbe successo?
Nel 1943 Bruna Cases aveva solo nove anni quando con la famiglia riuscì a trovare rifugio in Svizzera grazie ad alcuni “contrabbandieri”, uomini che per denaro accompagnavano al confine profughi ebrei e perseguitati. In quei giorni concitati la piccola Bruna prese appunti ovunque per non dimenticarsi di nulla e, una volta in salvo, li trasformò nel suo personale diario di fuga. Oggi, partendo proprio da quelle pagine di paura e di speranza, Bruna condivide con noi la sua testimonianza: dalle Leggi razziali del 1938 e le crescenti difficoltà per tutta la sua famiglia, allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale e i bombardamenti su Milano, fino alla decisione più sofferta: lasciare l’Italia e provare a raggiungere un Paese neutrale. Un racconto fatto di piccoli e grandi dettagli che, con la sua semplicità nel descrivere un sapone ricavato dalle castagne, la gioia nel ricevere un paio di banane o un mazzo di carte, permette a noi lettori di scoprire particolari ancora inediti di una delle pagine più drammatiche nella storia dell’umanità.